Dossier

La Vera Storia dei Blue Jeans

L’origine dei Blue Jeans: Un Viaggio nel Tempo

I blue jeans oggi sono un capo trasversale, un vero must-have in ogni guardaroba, senza distinzione di professione e di classe sociale (sono stati sdoganati molti anni fa anche tra i cosiddetti Vip dall’Avvocato per antonomasia, cioè da Gianni Agnelli). Sono un’icona di stile e comodità, si indossano in tutte le occasioni e la loro evoluzione si intreccia e quasi si identifica con quella d’America.

Ma qual è la vera storia dei blue jeans, un’invenzione che ha letteralmente rivoluzionato il nostro modo di vestire, a tutte le latitudini?

L’Inizio: Levi Strauss e Jacob Davis

La storia dei blue jeans inizia nel lontano 1873, quando Levi Strauss, un immigrato tedesco, e Jacob Davis, un sarto di origine lettone, brevettarono un metodo rivoluzionario per rendere i pantaloni più resistenti. La loro idea? Utilizzare dei rivetti di metallo nei punti di maggiore stress, come le tasche e le cuciture. Questa innovazione diede vita a un capo d’abbigliamento robusto e durevole, ideale per i lavoratori dell’epoca – minatori, operai, costruttori di grattacieli, ma anche cow boy, allevatori, agricoltori… – che avevano bisogno di indumenti pressoché indistruttibili.

Il tessuto: la nascita del denim

Prima del capo, ovviamente, serviva un tessuto che avesse quelle che oggi definiremmo le “caratteristiche richieste dal mercato”, cioè la robustezza e la flessibilità. Il tessuto che rese possibile la creazione dei blue jeans è il denim, originariamente chiamato “serge de Nîmes“, prodotto infatti in Francia, a Nîmes. La sua particolare tessitura, unita alla resistenza del cotone, lo rendeva perfetto per l’abbigliamento da lavoro.

Il nome “jeans” deriva invece dalla città di Genova, in Italia, dove un tessuto simile era utilizzato per realizzare abiti per i marinai e teloni protettivi per le merci stoccate nel porto.

© Woodcut from the Nuremberg Chronicle Animated Line

L’evoluzione: da indumento di lavoro a emblema di ribellione

Inizialmente, come abbiamo visto, i blue jeans erano indossati principalmente da minatori, cowboy e operai, grazie alla loro resistenza e praticità.

Nel corso del Novecento, però, questi pantaloni divennero qualcosa di ben diverso e cioè un’icona di contestazione e ribellione per le giovani generazioni, un simbolo di libertà e anticonformismo.

Dagli anni Cinquanta in poi, si scatenò un vero e proprio contagio, una “febbre da jeans”, grazie anche e soprattutto ai protagonisti dello star-system dell’epoca: Marlon Brando, James Dean, Elvis Presley e, in generale di musicisti di Rock’n Roll contribuirono in modo determinante all’esplosione di un fenomeno che andò ben oltre la semplice moda.

L’impatto culturale dei Blue Jeans

Con il passare degli anni, i blue jeans hanno subito numerose trasformazioni, diventando un elemento chiave nel mondo del fashion. Designer di fama mondiale li hanno reinterpretati, giocando con tagli, colori e finiture. Oggi, i blue jeans non sono solo un simbolo di praticità, ma anche di stile e innovazione: un vero e proprio fenomeno culturale. Si tratta forse del primo indumento della storia che è diventato un linguaggio universale, compreso e apprezzato in tutto il mondo, il capo perfetto per accompagnare il cambiamento delle generazioni e per adattarsi a tutte le età: mettersi addosso un paio di jeans è già comunicare, è di per sé una scelta che esprime un modo di pensare, un “lifestyle“.

Ovviamente, riassorbiti da sistema-moda, sdoganati in tutte le circostanze della vita e del lavoro, indossati praticamente da ogni essere vivente, hanno smesso di evocare e simboleggiare un qualsivoglia tipo di ribellione.

Eppure, qualcosa del loro passato, della loro natura “eretica” rimane attaccato a quella tela un tempo grezza, oggi sempre più stretch, confortevole e creativa, che ha davvero, per certi versi, cambiato il mondo.

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