Dossier

La storia della Tintura dei Tessuti: dalle origini ai giorni nostri

Prima della Storia, alle radici della tintura

Nel neolitico (3000 a.c.), l’artigianato della tintura avanzò di pari passo con le tecniche di filatura e tessitura. Piante come la robbia, il guado e l’uva ursina non erano solo coltivate per i loro colori vivaci, ma divennero anche simboli del progresso agricolo e commerciale.

Con la lavorazione dei metalli (rame, bronzo e ferro), la vita dell’uomo primitivo cambiò radicalmente, così come i metodi di filatura, tessitura e tintura. È solo da questo momento che si può ricostruire la storia della tintura dei tessuti con maggior precisione.

Pigmenti Minerali Preistorici Animated Line

Civiltà antiche e raffinatezza della tintura: fiumi di colori

L’arte della tintura fiorì lungo i grandi fiumi dell’antichità –  Nilo, Tigri, Eufrate, Indo, Fiume Giallo – dalle cui acque le prime civiltà attingevano le risorse per sviluppare tecniche tintorie sempre più sofisticate. Gli Egizi, con la loro predilezione per il lino, gli Assiro-Babilonesi con la lana e le civiltà dell’Indo con il cotone codificarono pratiche tintorie che riflettevano le loro identità culturali e le risorse disponibili. Cina e Giappone si specializzarono nella seta, mentre le popolazioni del Sud e del Centro America tinsero lane particolari come l’alpaca e la vicuña, mentre gli indiani del Nord America si dedicarono alla iuta e alla lana di montone.

Ma vediamo più da vicino come si è sviluppata la storia della tintura dei tessuti nei diversi contesti storico-geografici.

© Hui Zong | Signore che lavorano la seta Animated Line

L’antico Egitto

Monumenti, statue, templi, abitazioni e tombe del periodo egiziano del “Medio Regno” (tra il 2055 a.C. e il 1790 a.C) erano un trionfo di decorazioni colorate che, in parte, sono arrivate fino a noi. In ambito tessile, invece, sono pochi i reperti rinvenuti, a causa della fragilità del materiale utilizzato, il lino, che era la fibra più comune, perché cresceva facilmente lungo le sponde del Nilo. Ed era anche, assieme al cotone, un simbolo di purezza e distinzione.

Non era facile tingere il lino, servivano esperienze e conoscenze che gli Egizi, per primi, “misero su carta” nel Papiro di Stoccolma, il primo vero e proprio manuale di tintura delle fibre tessili della storia, ricco di notizie storiche e ricette tintorie per i tessuti.

La valle dell’Indo

L’India è la patria del cotone, fibra molto usata perché adatta al clima della regione. Il cotone indiano veniva tinto in matassa, ed era spesso decorato con la tecnica del tie-dye, cioè della tintura di capi annodati. Batik e Piangi erano le altre tecniche di decorazione e stampa dei tessuti, praticate tutt’ora.

Nel caso del Batik, il motivo voluto viene disegnato sul tessuto di cotone e coperto con cera d’api per evitare che il bagno di tintura a freddo sia assorbito dal tessuto. Dopo il bagno, solitamente d’indaco, realizzato con la bollitura del tessuto, la cera d’api si scioglie svelando il disegno.

Il Piangi è una specie di tie-dye su tessuto: si legano delle parti di tessuto, inserendo spesso dei sassolini, per evitare che i punti delle legature vengano tinti e per realizzare disegni ancora molto comuni nell’India di oggi.

Il Medio Oriente

Mentre gli Egizi amavano la semplicità delle vesti di lino, tinte con pochi e sobri colori, nei Babilonesi troviamo lo sfarzo e la ricchezza dei cromatismi.

La pastorizia era una delle loro attività principali, per potevano contare su una grande disponibilità di lana, fibra facile da filare, tingere e tessere, in grado di assorbire bene colori vivaci e luminosi.

I Cananei, poi chiamati Fenici, furono i più abili tintori mediterranei. A loro si deve la scoperta e il perfezionamento della tintura con la porpora pura, anche combinata con zafferano, mirtillo, cocciniglia: le varietà cromatiche andavano dall’arancio, al rosso, al viola. I Persiani, dal canto loro, furono i maestri della tintura per i famosi tappeti e per la pelle.

L’Estremo Oriente

La Cina e tutti i popoli dell’Estremo Oriente conoscevano la seta praticamente da sempre. Per tingerla, in Cina venivano usati il cartamo (per i gialli e i rossi), il mirtillo (blu e lillà), l’indaco.

In Giappone, si utilizzavano anche le alghe marine per ottenere tinte tenui e raffinate. Tra le varie tecniche adottate dai tintori giapponesi, ricordiamo:

  • lo Shibori, simile al tie-dye, che consiste nell’annodare i tessuti o legarli con delle corde prima di immergerli nella tintura, per preservare dal colore alcune parti del tessuto;
  • il Kakishibu, dal caratteristico color mattone, una tintura ottenuta dal succo di cachi crudi lasciati fermentare per più di 2 anni. I giapponesi usavano questo succo ricco di tannini per tingere le tende, soprattutto dei contadini, grazie alle sue proprietà antibatteriche e idrorepellenti.

Roma e l’Etruria

Robbia, zafferano, guado (per tingere in azzurro): sono le tinture naturali utilizzate dagli etruschi, influenzati direttamente da greci e fenici, e a loro volta, con i greci, “influencer” dei Romani, che, fino al VI secolo A.C. si limitavano a optare per i colori naturali delle fibre con cui confezionavano le vesti: cotone, lino, canapa, lana.

Dopo, anche a Roma, la storia della tintura dei tessuti vive un nuovo capitolo, il colore diventa simbolo di lusso: il rosso, per esempio, ottenuto dal Kermes, o l’azzurro, derivato dalla malva; le varie sfumature del giallo, ricavate con la reseda, la curcuma e la ginestra; noce di galla e di mallo, invece, davano i colori bruni e i neri.

Solfati di rame e ferro, allume di rocca e ruggine sciolta in aceto venivano utilizzati come mordenti, a dimostrare l’inarrestabile evoluzione della tintura.

E dopo quest’excursus geografico remoto, arriviamo ai giorni nostri con un vertiginoso e affascinante viaggio nel tempo…

Donne con tuniche colorate nell’Antica Roma Animated Line

Dal Medioevo al Novecento

Il Rinascimento vide arrivare in Europa merci e tinture sconosciuti: provenivano dall’America, dall’India, dalla Cina: ormai, raggiungere l’Oriente via mare era diventato facile e il trasporto navale consentiva di trasportare grandi quantità di mercanzie.

Nuove materie coloranti soppiantarono quelle tradizionali: cocciniglia messicana, indaco indiano, i legni del Brasile sostituirono rapidamente il kermes e il guado.

 

Tra fine settecento e inizio ottocento, nacquero le prime scuole di tintura, decisamente orientate anche alla ricerca e alla sperimentazioni di prodotti chimici per sostenere e aumentare l’efficienza dell’industria tessile. Ben presto, infatti molti coloranti naturali vennero sostituiti da prodotti di sintesi.

In Francia, Inghilterra e soprattutto Germania, sorsero le prime fabbriche di coloranti chimici e iniziò una vera e propria corsa alla ricerca e ai brevetti di coloranti e tecniche sempre più efficaci e sofisticate: una corsa che ovviamente andava di pari passo con lo svilupparsi, a tutte le latitudini, dell’industria tessile.

 

Le prime fabbriche di coloranti chimici sorsero in Francia e in Inghilterra, ma ben presto la Germania superò, in questo campo, tutte le altre nazioni.

In filo, in pezza, in capo: la tintura ai giorni nostri

Sono sostanzialmente tre le metodologie di tintura standard nell’industria tessile: in filo, in pezza, in capo. Mentre le prime due vengono effettuate a monte, prima della produzione del capo, la terza coinvolge il capo già confezionato che viene immerso ancora “neutro”, cioè privo di pigmenti cromatici, nel bagno di tintura. In questo modo il colore viene applicato direttamente sul tessuto grezzo, non lavorato, senza quindi interferenze e contaminazioni.

Con la tintura in filo o in pezza si ottengono colori uniformi e brillanti, mentre la tintura – o finissaggio – in capo dà vita a campiture colorate meno omogenee e a un effetto “used look” e vintage che dona all’indumento un’unicità dal sapore più artigianale e vissuto.

La tintura in capo è nata in Italia nei primi anni Settanta, grazie all’intuizione di Massimo Osti. Con C.P. Company, Osti inventò la tecnica del “tinto in capo” che rivoluzionò l’intero settore. Successivamente, fu il pioniere Luciano Benetton, fondatore dell’omonimo gruppo, a cogliere l’opportunità di applicarla su larga scala.

Tonello: la tintura per sommi capi

Da sempre siamo specializzati nella tintura e nel finissaggio in capo e la nostra storia coincide di fatto con quella dell’industria tessile e della moda italiana degli ultimi cinquant’anni. È una storia scandita da tecnologie che sono tappe evolutive importanti per noi e per l’intero settore.

Dalle prime macchine a carica frontale della metà degli anni Settanta alla serie iconica G1, dalle tecnologia Jet del 2000 al Kit Batik del 2004, dal sistema Nitrogen del 2011 all’accessorio Core del 2015, dal primo sistema di tintura organica del 2019, Wake, fino a DyeMate, la prima tecnologia di tintura indaco in capo lanciata nel 2023, il filo conduttore è sempre lo stesso: l’attenzione al risparmio energetico, di acqua e vapore, la riduzione progressiva dell’uso di prodotti chimici e la scelta di pigmenti e processi davvero sostenibili.

E il viaggio continua…

© Tonello | RT 60-120 fu la prima macchina da tintura Tonello, a scomparti, a velocità variabile Animated Line

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